6 cose da ricordare per gestire meglio la rabbia

Quando la realtà non soddisfa le nostre aspettative, proviamo inevitabilmente una sensazione di fastidio e insoddisfazione.
Spesso la rabbia è la reazione naturale del nostro organismo in molte situazioni, quando non abbiamo più le risorse cognitive ed emotive per affrontare una difficoltà.
Non rappresenta quindi qualcosa di sbagliato in sé, può diventare invece problematica quando è frequente e incontrollabile.

È il caso per esempio delle persone che vogliono sempre avere ragione, che non riescono ad affrontare le frustrazioni e si comportano come bambini capricciosi.
L’approccio infantile è quello di sfogarsi con scatti d'ira più o meno violenti contro qualcosa o qualcuno.

Vediamo insieme alcuni punti per gestire meglio la rabbia.

gallucci psicologo torino

1. Respira
Prima di arrivare al punto di esplosione, fermati, respira e lascia riequilibrare corpo e mente.

2. Esprimi pensieri ed emozioni
Gestire la rabbia non significa nasconderla o reprimerla, significa trovare un modo più utile per esprimere ciò che si pensa e si sente.
Urlare parole e distruggere cose non serve a niente. Esprimersi e parlare con l'Altro rimane sempre la strada più costruttiva.

3. Ricorda che la rabbia che provi è tua
Quando si è molto arrabbiati, siamo tutti rivolti verso l’esterno: c'è solo l’Altro oggetto-bersaglio del peggio, noi scompariamo, siamo accecati. Comincia ad essere consapevole che sei arrabbiato, che è una tua emozione, ad ascoltare che ci sei anche tu.

4. Evita di generalizzare
Il modo più comodo per liberarsi dal peso della frustrazione è buttare tutta la colpa all'esterno.
Tipico è attaccare l'Altro, generalizzando con i sempre, i mai, i sei sempre stato così...
Meglio circoscrivere la rabbia in quel momento e in quella situazione, non alla persona in toto.
Meglio cercare una soluzione che un colpevole.

5. L’esplosione di rabbia è spesso l'esito di un percorso
Difficilmente si esplode di rabbia senza preavviso. Ci arriviamo spesso accumulando pensieri ed emozioni che non hanno avuto la possibilità e lo spazio di essere espressi in precedenza in modo migliore.

6. Esistono sempre più punti di vista
La rabbia tende a polarizzare i vissuti, ad accecare la propria visione delle cose che diventa così assoluta e senza dubbio l'unica corretta. Questo ovviamente è un'illusione, e cercare di cogliere e comprendere il punto di vista dell’altro è sempre fondamentale.

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La vecchia signora che ingannò la morte

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Una fiaba albanese racconta che c’era una volta una donna così vecchia che si diceva fosse la nonna del primo uomo apparso sulla Terra. Eppure era così vispa che spolverava e lavava e cuciva, proprio come una sposina.

A morire non ci pensava affatto, e diceva: “La Morte si è dimenticata di me, oppure ha deciso di lasciarmi in pace”.

Un bel giorno, invece, la Morte pensò che era arrivata l’ora di andarla a prendere, e bussò alla sua porta. La vecchia andò ad aprire con le mani insaponate e, senza scomporsi, disse che stava facendo il bucato e che prima di morire doveva assolutamente sciacquare, asciugare e stirare le sue lenzuola.

Va bene, tornerò domani mattina” disse la Morte, che in fondo era gentile, e sulla porta scrisse “Domani” con un pezzo di gesso.

Il giorno dopo, puntuale, bussò di nuovo. La vecchia aprì, tutta sorridente, e disse: “Devi esserti sbagliata, signora Morte: sei stata tu a scrivere ‘Domani’ sulla mia porta, sì o no? E allora verrò con te domani, e non oggi”.

La morte si grattò la testa, guardò e riguardò la scritta sulla porta e alla fine disse: “Credo che tu abbia ragione. Va bene, ci vediamo domani”.

Ma quando tornò la vecchia le fece lo stesso discorso, e il giochetto andò avanti per un pezzo, finché la Morte si spazientì, cancellò la parola sulla porta e disse:
Questa è l’ultima volta! Domani tornerò e ti porterò via, qualunque cosa tu dica o faccia”.

La vecchia passò tutta la notte sveglia, a pensare come avrebbe potuto scamparla ancora, ma l’unica cosa che le venne in mente fu di nascondersi nel barilotto del miele. Così quando la Morte bussò, si tuffò nel barile, lasciando fuori soltanto il naso.

Ma poi pensò che la Morte poteva sollevare il coperchio per assaggiare il miele, e si nascose in un cesto di piume.
No, mi troverà anche qui”. Si infilò nel sacco della farina e subito ne uscì, in cerca di un nascondiglio migliore.

La Morte, intanto, era entrata in casa e già allungava la mano per afferrare la vecchia e cacciarla nel suo sacco. Ma invece della donna che era venuta a prendere vide una orribile creatura piumata e bianca, gocciolante e viscida, che non era né bestia né uomo.

Con un grido di terrore, infilò la porta e non tornò mai più a cercare la vecchia, che deve essere viva ancora oggi.

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5 cose da sapere sulla respirazione

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1. Respirare è essenziale e vitale
Sarà banale ricordarlo, ma la respirazione è un’azione così spontanea che non ci prestiamo nemmeno attenzione.
Respiriamo sempre.
Ogni giorno compiamo circa 21.600 atti respiratori.
Il nostro organismo è “fatto” per respirare e, a meno di gravi ostacoli, la respirazione avviene costantemente in ogni momento della vita, sia cosciente sia non cosciente, anche da svenuti.
Siamo accompagnati da questo gesto indipendentemente dalla nostra volontà.
Ci accorgiamo di più della respirazione dopo uno sforzo fisico, ad esempio dopo una corsa o dopo aver salito le scale.
Ma anche in situazioni totalmente opposte, ad esempio in una condizione di assoluto relax, o nel sonno.

2. Come è fatto e come funziona l’apparato respiratorio
Contrariamente a quanto spesso si pensa, il ciclo respiratorio non è composto da due fasi, ma da quattro:
1. Inspirazione
2. Sospensione piena o attiva: l’intervallo che intercorre tra il termine dell’inspirazione e l’inizio dell’espirazione, può durare da frazioni a qualche secondo, ma attraverso la volontà è possibile prolungarla fino a uno o più minuti
3. Espirazione
4. Sospensione vuota o passiva: l’intervallo che intercorre tra la fine dell’espirazione e l’inizio della successiva inspirazione, anch'essa può durare da frazioni a qualche secondo, ma attraverso la volontà è possibile prolungarla.

Dal naso e/o dalla bocca l’aria attraversa la trachea, i due bronchi, i bronchioli e gli alveoli che formano l’albero respiratorio: qui avviene lo scambio attraverso il sangue che arriva dai tessuti ricco di anidride carbonica (che viene espulsa con l'espirazione) e la scambia con l’ossigeno.

L’apparato respiratorio è composto poi da due gruppi di muscoli: intercostali e il diaframma (sotto i polmoni, separa la cassa toracica dalla cavità addominale).
Durante l’inspirazione si aumenta il volume della cassa toracica, l’aria esterna riempie gli alveoli.
Durante l’espirazione i muscoli si rilassano, schiacciano i polmoni e l’aria è spinta fuori meccanicamente.

3. A cosa serve la respirazione
Lo scopo principale della respirazione è introdurre ossigeno nel sangue, che viene portato a tutti i tessuti per la combustione delle sostanze organiche ricavate dall'alimentazione e produrre quindi energia per l'organismo.

Ma se consideriamo il percorso inverso dell’aria (dai polmoni all'esterno), ci accorgiamo che esiste un’altra funzione della respirazione: la produzione di suoni, la voce.
L’aria passa infatti di nuovo dalla laringe in cui, le corde vocali che vibrano, producono onde sonore.
Quando parliamo, siamo abituati a modulare la respirazione in base alle parole che pronunciamo e alla loro intensità. Ma è vero anche il contrario: seguendo determinati ritmi e intensità nel parlare o nel produrre suoni, è possibile regolare anche il ritmo respiratorio (lo sa bene per esempio chi canta).

4. La respirazione è solo un atto involontario?
No: è vero che la respirazione è spontanea e costante, ma è anche vero che, anche se per un tempo limitato, possiamo decidere di trattenere il respiro (apnea) o di regolare il ritmo respiratorio, ad esempio in frequenza o intensità.
A differenza di altri sistemi come il battito cardiaco, la temperatura corporea o la sudorazione, la respirazione è l'unico atto che si può in parte controllare e regolare con la volontà.

5. Perché conoscere e modulare il respiro?
Pensiamo a una situazione che percepiamo come pericolosa, ad esempio una stanza buia (stimolo esterno): può provocare paura, il battito cardiaco può aumentare, come la circolazione del sangue e la frequenza respiratoria.
E questo può avvenire sia che il pericolo sia reale, sia anche solo immaginato o pensato (come negli attacchi di panico o nelle fobie).
Esiste di fatto un’interdipendenza tra la circolazione del sangue, il battito cardiaco, il ritmo della respirazione, che sono direttamente influenzati (e influenzano) dalle emozioni e dai pensieri.
Non possiamo di certo controllare gli stimoli esterni (inevitabili perché altro da noi), né tantomeno il battito cardiaco.
Ecco quindi dove possiamo rivolgere la nostra attenzione: agire sulla parte volontaria della respirazioneridurre gli effetti negativi che gli stimoli esterni  provocano nell'individuo.
Meno disturbata dalle interferenze del mondo esterno, la mente può quindi raggiungere uno stato di maggiore benessere psicocorporeo e rilassamento.

Se sei interessato ai temi della respirazione e rilassamento, puoi seguire la nuova pagina Facebook Percorsi di rilassamento.

E partecipare ai due workshop che condurrò in occasione del Festival della psicologia di Torino.
Ciascuno costa solo 20 euro, ma i posti sono limitati.
Per iscriversi bisogna scaricare il coupon di prenotazione cliccando sui link di seguito e presentarlo al momento dell'incontro:

Vi aspetto!

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Adolescenti (in)visibili. La visibilità dell'orientamento affettivo e sessuale come fattore di benessere o stress (video)

Per chi se lo fosse perso, ecco il video del seminario di gennaio di approfondimento per genitori e professionisti di Aria centro di ascolto per adolescenti e giovani
"ADOLESCENTI (IN)VISIBILI. La visibilità dell'orientamento affettivo e sessuale come fattore di benessere o stress"
presso il Polo Cittadino della Salute - C.so San Maurizio, 4 Torino
condotto da me e da Maurizio Nicolazzo del Coordinamento Torino Pride.

La traduzione del termine inglese coming out significa "uscire fuori", cioè rendersi visibile. In senso più allargato può essere definito come un percorso di presa di coscienza di sé e del proprio orientamento affettivo e sessuale.
Questo percorso graduale non si conclude con una singola dichiarazione, perché la scelta di svelarsi ad altri per essere accettati e rispettati per come si è può riproporsi anche nel momento in cui si cambia scuola, si conoscono nuovi amici, si cambiano colleghi/e di lavoro.
Di fronte al coming out possono esserci atti di derisione, di rifiuto o allontanamento dalla famiglia o dagli amici e, in casi più gravi, di vera e propria violenza fisica, questo è il motivo per cui molte persone preferiscono non dichiararsi e vivere le proprie relazioni affettive di nascosto o rinunciarvi, esponendosi a relativi danni psicologici.
Occorre riflettere con attenzione sui pro e contro della scelta di dirlo e a chi dirlo. Quando e con quali modalità.

Buona visione


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